Inquinamento da Plastica: Perché è Così Pericoloso?

Da anni si parla di inquinamento da plastica, di quanto siano catastrofiche le sue conseguenze sull’ambiente e di come a lungo andare il fenomeno possa perfino determinare la fine del mondo in cui viviamo. Ma qual è realmente il legame tra la plastica e l’inquinamento? Quali sono i motivi che rendono la plastica così pericolosa per l’ecosistema? Nell’articolo affrontiamo il fenomeno per capire quanto effettivamente tutto questo sia rischioso per l’intera umanità.

Cos’è l’Inquinamento da Plastica e Quali Sono le Cause

La plastica, materiale ottenuto dalla lavorazione chimica del petrolio e di altri elementi come gas naturali, è uno dei prodotti più utilizzati dall’uomo nella vita di tutti i giorni, precisamente il terzo dopo l’acciaio e il cemento. É inutile dire quanto questo materiale abbia rivoluzionato la nostra quotidianità, tanto in termini di comodità quanto – purtroppo – in termini di danni all’ecosistema. Infatti, l’eccessiva produzione di plastica e soprattutto il suo cattivo smaltimento sono ormai ampiamente riconosciuti come le fonti principali di inquinamento ambientale.
 
Se la produzione e l’uso della plastica sono divenuti così smodati è probabilmente a causa della particolare resilienza di questo materiale, cui si deve a sua volta la sua facile e lunga conservazione. Infatti, puntando sulla durevolezza della plastica, la sola industria del packaging impiega almeno il 42% di tutta quella che viene globalmente prodotta. Questo dato da solo spiega perché già nel 1988 si registravano consumi di plastica per 30 milioni di tonnellate, che hanno poi raggiunto il record di 355 milioni di tonnellate nel 2016. Queste cifre, però, non sono destinate ad arrestarsi dal momento che per il 2050 le stime sono vicine ai 34 miliardi di tonnellate.
 
Ad ogni modo, la questione più preoccupante è che questa resistenza della plastica ne rende praticamente impossibile la sua decomposizione naturale: con il passare del tempo, semplicemente, la plastica si disgrega arrivando a frammentarsi in minuscoli pezzi anche impercettibili. Questi sono più comunemente conosciuti come microplastiche, che per la loro dimensione ridotta riescono ad insinuarsi ovunque più facilmente.
 
Tuttavia, le microplastiche sono solo una delle forme in cui si palesa l’inquinamento da plastica. Infatti, già la sola produzione della plastica è direttamente collegata al cambiamento climatico e al riscaldamento globale: il processo produttivo di questo materiale innalza i livelli di CO2 nell’ambiente e, di conseguenza, la temperatura superficiale del pianeta, aumentando anche il numero e la gravità di particolari avvenimenti atmosferici. Nel novero contiamo sicuramente lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento delle acque degli oceani, o altri eventi naturali come alluvioni e siccità.
 
In tutto ciò, è chiaro che la principale e diretta vittima della plastica è senza dubbio l’ecosistema in cui viviamo: il suolo, gli oceani, i laghi, i fiumi e l’aria vengono direttamente intaccati dal suo eccessivo consumo, e l’uomo, anch’esso vittima, sta cominciando pian piano ad accorgersi delle conseguenze.
 

Inquinamento da Plastica in Mare: Danni e Rischi

Tra gli effetti più lampanti dell’inquinamento da plastica in mare c’è senza dubbio l’isola di plastica venutasi a creare nell’Oceano Pacifico, tra il Giappone e le Hawaii: la Great Pacific Garbage Patch.
 
Questo gigantesco accumulo galleggiante di immondizia che ha attualmente raggiunto un’estensione di circa 1 milione di km2  (per intenderci, all’incirca l’area degli Stati Uniti) si è formato a causa del particolare movimento circolare della corrente oceanica “North Pacific Subtropical Gyre”. Le industrie che scaricano illegalmente i rifiuti in mare sono le principali artefici di questo terrificante agglomerato di plastica, ma non le uniche: basti pensare agli scarichi delle navi porta-container e delle piattaforme petrolifere, ma anche al semplice turismo di massa che intasa i contenitori dei rifiuti contribuendo alla dispersione delle plastiche nell’ambiente.
 
Questo gigantesco accumulo galleggiante di immondizia che ha attualmente raggiunto un’estensione di circa 1 milione di km2  (per intenderci, all’incirca l’area degli Stati Uniti) si è formato a causa del particolare movimento circolare della corrente oceanica “North Pacific Subtropical Gyre”. Le industrie che scaricano illegalmente i rifiuti in mare sono le principali artefici di questo terrificante agglomerato di plastica, ma non le uniche: basti pensare agli scarichi delle navi porta-container e delle piattaforme petrolifere, ma anche al semplice turismo di massa che intasa i contenitori dei rifiuti contribuendo alla dispersione delle plastiche nell’ambiente.
 
D’altro canto, la diffusione della plastica sul Pianeta Terra è ormai così estesa che gli scienziatitra cui la geologa Patricia L. Corcoranconsiderano il materiale un “tecno fossile, presente addirittura nelle stratificazioni geologiche o nelle rocce in una quantità tale da poter parlare di plastiglomerati. Per non parlare dell’indefinito numero di plastiche simili a sassi che popolano le spiagge dell’Inghilterra Meridionale: gli scienziati hanno constatato si tratti di un particolare fenomeno di trasformazione della plastica, altamente inquinante: la cosiddetta “piroplastica” consunta dal tempo, levigata dal calore e tanto leggera da riuscire a galleggiare sull’acqua.
 
Dopo varie osservazioni e studi si è arrivato a capire che queste formazioni simili a pietre sono composte chimicamente da polietilene e polipropilene con alcune tracce di cromato di piombo, elemento che veniva aggiunto decenni di anni fa alla plastica solo per esaltarne il colore. Tuttavia, a prescindere dalla sua composizione, capiamo bene quanto sia spaventoso e rischioso il fatto che la plastica possa assumere sembianze naturali: potrebbe, infatti, arrivare a trovarsi ovunque e a sostituire un domani le bellezze naturali che ancora oggi abbiamo la fortuna di ammirare sul Pianeta Terra.
 
Qualcosa di simile è accaduto alle famose e apparentemente “incontaminate” isole delle Hawaii, dove nella sabbia sono state ritrovate tracce di microplastiche. Questo perché qualche anno fa, precisamente nel 2018, il vulcano Kilauea eruttò, ricoprendo di lava tutto l’ambiente circostante. Il contatto che ci fu tra l’incandescenza della lava e il freddo dell’acqua marina fece sì che si venisse a creare una sabbia nera composta da detriti. Questa sabbia ha generato a sua volta una nuova spiaggia chiamata “Pohoiki” che si estende per più di 300 metri, la quale però nasconde in profondità un segreto: quello di contenere una quantità indescrivibile di plastica. In 50 grammi di sabbia, ad esempio, sono stati ritrovati ben 21 frammenti di plastica, quella che era originariamente presente nelle acque circostanti il vulcano.

Inquinamento da Plastica: Conseguenze sugli Animali

Balene, delfini, tartarughe e pesci di ogni specie continuano ogni giorno a morire in seguito all’ingestione di rifiuti plastici. L’episodio della balena, o più precisamente, dell’esemplare di zifio maschio ritrovato deperito con ben 40kg di plastica nello stomaco è qualcosa che non può passare inosservato e deve far riflettere. È successo nel 2019 lungo le coste delle Filippine, scenario terrificante di una vita stroncata dallo smodato utilizzo della plastica da parte dell’uomo e dalla sua poca attenzione nello smaltimento. La grossa quantità di plastica ammassata all’interno del cetaceo (costituiva, appunto, l’8% del suo peso totale), è stata la causa della sua morte: impossibile per i succhi gastrici scomporre quei materiali plastici che hanno finito per lacerare le pareti intestinali dell’animale.