Ormai lo sappiamo, la plastica è un materiale tanto comodo quanto inquinante: è infatti il risultato della lavorazione del petrolio. D’altronde l’inquinamento da plastica rappresenta la più alta percentuale dell’inquinamento ambientale, che spaventosamente ed incessantemente aumenta a vista d’occhio, diventando una delle problematiche mondiali più preoccupanti. Fortuna che la bioplastica ci offre un’alternativa alla plastica super sostenibile. Scopriamola insieme!
Bioplastica: Cos’è e Quali Sono le Sue Origini
La bioplastica nasce dall’esigenza di trovare una soluzione ecosostenibile alla plastica. Si tratta di una sostanza ugualmente plastica, ma composta in parte o del tutto da una biomassa organica che va a sostituire il petrolio. Dunque, la sua composizione è totalmente vegetale ed i principali materiali utilizzati per la sua realizzazione sono: amido di mais, frumento e cellulosa da canna da zucchero.
L’utilizzo della bioplastica risale addirittura a prima dell’invenzione della plastica tradizionale, cioè quella realizzata da molecole derivanti dal petrolio e che fu introdotta sul mercato inizialmente con la Bakelite nel 1910. La Bakelite, resina termoindurente di origine sintetica, fu infatti il primissimo materiale plastico inventato nel 1907 dal chimico belga Leo Baekeland, dal quale appunto prende il nome.
Telefono in Bakelite FACE F51 che risale al 1950
Infatti, prima della bakelite, venivano utilizzate alcune risorse bio-based come il caucciù, la cellulosa con la parkesina o la caseina, la quale venne poi impiegata nella fabbricazione della galatite. Solo nel 1947 fu inventata la prima bioplastica tecnica, chiamata rilsan o poliammide 11, che grazie alle sue caratteristiche soprattutto resistenti venne facilmente introdotta sul mercato.
Furono, però, gli anni 90 a dare il via alle bioplastiche più comuni e diffuse tutt’ora, come il PLA ovvero acido polilattico cristallizzato (con il quale realizziamo i nostri bicchieri BioAli) o anche il PHA, una particolare bioplastica biodegradabile che si ottiene da prodotti organici.
Bioplastica: la Differenza tra Biodegradabile e Compostabile
L’enorme errore che si fa quando si pensa alle bioplastiche è credere che siano tutte uguali. Non c’è dubbio che tutte le bioplastiche siano preferibili a quelle tradizionali, ma queste presentano tra loro diverse differenze. Molte persone pensano che quando si parla di bioplastica necessariamente si parli anche di biodegradabile, ma non è così: infatti, alcune bioplastiche possono essere biodegradabili, altre compostabili ed altre ancora entrambe le cose.
Tempi in cui avvengono entrambi i processi di disintegrazione o decomposizione
È importante capire la differenza, in modo da fare la scelta migliore per noi e per la Terra:
Le bioplastiche biodegradabili sono chiamate così proprio perché sono il frutto del processo di bio-degradazione. Quest’ultimo consiste nella decomposizione, da parte di batteri, funghi e microbi di un determinato materiale, tramite processi enzimatici. Inoltre, sono davvero considerati tali solo i materiali che si decompongono fino al 90% in poche settimane o un paio di mesi al massimo, al contrario sono definiti “materiali durevoli”.
Le bioplastiche compostabili, per essere davvero ritenute tali, devono avere la capacità di decomporsi biologicamente, riducendosi in compost. Ma soprattutto, una bioplastica non può essere considerata compostabile se durante questo processo rilascia sostanze tossiche. Per esempio, quando determinate materie organiche come scarti di cucina vengono decomposti correttamente da micro e macrorganismi, questi si trasformano in un compost, cioè una specie di terriccio che poi viene riutilizzato come concime o fertilizzante.
Perché Scegliere la Bioplastica?
Se dopo l’istituzione del
divieto di plastica monouso ancora avete qualche dubbio sull’eliminare totalmente la plastica tradizionale dalla vostra vita, vi basterà leggere i vantaggi che offre la bioplastica. Prima di tutto, sapete quanto tempo impiega la plastica realizzata dal petrolio a scomparire completamente dall’ambiente?
Mille anni.
Mille anni che in realtà non bastano, poiché, come scritto nell’articolo dedicato alle
microplastiche, la plastica è un materiale tanto resistente da essere immortale, quindi da non scomparire mai del tutto. Proprio per questo, è facile capire che la bioplastica, rispetto alla plastica tradizionale, ha un minor impatto ecologico. Altri vantaggi sono:
> La riduzione dei tempi di smaltimento;
> Il possibile uso come strumento di supporto nell’agricoltura o giardinaggio, come nel caso della
pacciamatura, metodo nel quale si ricopre il terreno coltivato con un biotelo in modo da fermare la crescita di erbe selvatiche (questo telo viene lasciato a decomporsi, risolvendo anche la solita problematica dello smaltimento dei rifiuti);
> L’impiego per la realizzazione di stoviglie monouso biodegradabili e di packaging alimentare (infatti, grazie alle sue origini prettamente naturali, non contiene sostanze tossiche);
>In caso di incenerimento riduce di gran lunga il fumo prodotto ma soprattutto non produce diossina, tossica sia per la nostra salute che per quella dell’ambiente.